Come si scrive un messaggio pubblicitario memorabile? Se lo chiede in continuazione il piccolo imprenditore come il grande brand internazionale. Bene, che tu ci creda o meno, le regole da applicare sono sempre le stesse. E si basano su due sole domande: in questo post scoprirai quali sono e come usarle per scrivere in ottica copywriting.
Preparati: stai per cambiare definitivamente il tuo modo di scrivere.
Faccio outing.
Sono innamorato del mio scooter.
Un’Honda SH 300, colore blu elettrico.
Ma non è tanto l’estetica, neanche le prestazioni.
E’ il fatto che mi permette di girare Milano con grande libertà.
Infilarmi e fermarmi quando e dove voglio.
Dal centro alla periferia, dalle strade dello shopping alle traverse più nascoste.
E ogni volta è sempre una scoperta continua.
Bene, quella che ho fatto qualche giorno fa volevo – DOVEVO – assolutamente condividerla con te.
Ecco di cosa si tratta.
Una sera, io e il mio Sh eravamo in giro, in uno dei cosiddetti quartieri di nuova costruzione.
Lungo le strade si guidava in tutta tranquillità quando ecco scattare il semaforo rosso:
Rallento, mi fermo. Piedi a terra, sguardo in aria.
Inizio a guardarmi intorno, perlustro con gli occhi l’area circostante. Tutti palazzi moderni, sobri, di nuova costruzione.
Tra questi, ne noto uno in particolare: sia perché si stagliava imponente proprio di fronte a me, sia perché su di esso era affisso un grande manifesto pubblicitario.
Il testo recitava precisamente così: Un nuovo ufficio per il vostro Business!!!
Intanto era scattato il verde: dovevo ripartire, ma quel messaggio mi aveva davvero colpito e a breve scoprirai anche perché.
Continua a leggere.
Nel frattempo, mentre guidavo, avevo provato a fare un gioco: mettermi nei panni dell’agenzia protagonista del manifesto e ipotizzare quale potesse essere l’obiettivo della comunicazione.
Mi ero risposto più o meno così:
Convincere il passante di turno, titolare di una qualche attività, ad acquistare un nuovo ufficio all’interno di quel palazzo.
Probabilmente il concetto di fondo era del tipo: sei titolare di un’attività? Allora ecco un nuovo ufficio in cui svolgerla.
Poi mi sono tolto i panni del titolare di questa agenzia e sono passato dalla parte opposta, vestendo quelli del potenziale cliente: ho immaginato un imprenditore che, fermo al semaforo a bordo del proprio mezzo, legge la frase Un nuovo ufficio per il vostro Business!!!
Mi sono chiesto:
Cosa non va nel mio e che invece posso trovare in questo?
Per quale motivo dovrei prendere un nuovo ufficio per il mio business?
Il problema di questa pubblicità è il seguente: questa motivazione non c’è. Ed è un gran bel problema.
Perché, se si scrive per vendere, la motivazione non solo deve esserci, ma deve essere anche chiara e convincente.
Riflettiamo un attimo: io, titolare di un’impresa, dovrei spendere una barca di soldi, far cambiare sede ai miei dipendenti, perdere tempo e rallentare la produttività, il tutto senza che mi venga prospettata neanche una sola ragione?
Non scherziamo.
Questo messaggio pubblicitario si limita infatti a descrivere uno stato di fatto: un nuovo ufficio per un’attività (bene, grazie per l’informazione).
Ma se vuoi vendere devi prospettare il vantaggio finale facendo pressione su leve razionali o emozionali.
Devi creare aspirazione: suscitare nel potenziale cliente il desiderio di lasciare la fase in cui si trova ora per raggiungerne una migliore.
Tutto questo manca.
Si, va bene, l’ufficio di cui si parla è nuovo.
E quindi?
Quali problemi risolve rispetto all’ufficio attuale? Quali vantaggi offre?
Poi però sono tornato a vestire i panni di un terzo e ultimo soggetto: quelli di chi ha scritto la frase.
Ecco ciò che penso: secondo questa persona, l’elemento che dovrebbe spingere all’acquisto è il punto esclamativo.
In questo caso sono addirittura tre. Ora, mettiamola così: il punto esclamativo è un grande classico.
Ce lo portiamo dietro da quando siamo bambini e lo abbiamo usato in tantissime occasioni.
Il punto esclamativo è come il tramezzino prosciutto e formaggio:
fino a un certo punto della vita pensi sia il top. Ne sei certo. Lo cerchi sempre, ad ogni minima occasione.
Poi scopri il Club Sandwich. E ciao ciao tramezzino prosciutto e formaggio.
Il Club Sandwich lo mangi molto meno frequentemente, ma dà molta più soddisfazione.
Ecco, il punto esclamativo è uguale: ottimo per i bambini, massimo per gli adolescenti, poi però basta.
Che poi fa anche tanta simpatia, intendiamoci. Però, se scrivi per vendere, non devi far sorridere: devi – indovina un po’- VENDERE.
Lo stato dei fatti è purtroppo questo: il punto esclamativo viene ingenuamente usato pensando sia un efficace strumento di persuasione.
Niente di più sbagliato.
Vediamo perché.
Silenzio, non siamo mica al mercato. Dal market al marketing (passando per il supermarket).
Prendine coscienza.
Usare il punto esclamativo equivale a urlare.
E urlare, al massimo delle sue possibilità, aiuta a catturare l’attenzione.
Nulla di più.
Ti faccio un esempio: il mercato del paese.
Quella magnifica forma di commercio popolare presente in ogni angolo del pianeta.
Dove c’è un’area abitata, c’è sempre uno spazio in cui periodicamente le persone vanno lì per vendere e acquistare prodotti di qualsiasi tipo.
Il problema è che molto raramente una certa tipologia di prodotto viene venduta solamente da un venditore.
Il più delle volte accade il contrario: la si trova in molte bancarelle.
Tra una bolgia di persone dove tutti parlano con tutti.
E quindi, cosa fa il povero venditore per farsi notare? Urla.
Cosa urla? Il prodotto che vende, qualche sua caratteristica particolare, ma soprattutto una cosa: il prezzo.
Eh già: a parità di prodotto, a parità di qualità del prodotto, le persone comprano da chi offre lo stesso prodotto al prezzo minore.
E’ ovvio. Ed è anche la logica del discount.
In questo caso siamo sempre in un mercato, ma la guerra non se la fanno le singole bancarelle, quanto piuttosto l’evoluzione dei mercati stessi: i supermercati.
Ogni supermercato, ha all’interno tantissime bancarelle, chiamate banconi.
Non tutti i supermercati però sono uguali: ci sono quelli più famosi e quelli meno, quelli con un’immagine più forte votata alla qualità – tipo Esselunga – e quelli con un’immagine più debole.
I discount sono quelli con l’immagine più debole: hanno investito tutto sui prezzi concorrenziali.
Ma attenzione: alcuni di questi si sono talmente focalizzati sui prezzi bassi da riuscire a costruirsi un’immagine altrettanto forte.
Pensa ad esempio a Lidl, Eurospin o Penny Market:
per loro, l’immagine di discount è così centrale che la inseriscono anche nel logo.
In che modo?
Semplice: usano i colori e lo stile tipici dei cartelloni su cui vengono scritti i prezzi super convenienti nei supermercati.
Questi colori sono: giallo, rosso e blu.
Per quanto riguarda lo stile, beh: lettere grandi e in contrasto con lo sfondo.
Osserva i tre loghi famosi qui sotto e poi guarda la foto del supermercato che viene dopo.
La corrispondenza è lampante.
Quindi, ricapitolando: al mercato paesano si urla con la voce, nel supermercato si urla con le grafiche colorate.
Ma sempre di una forma di urlo si tratta.
Ecco: tu vuoi scrivere per vendere? Allora non devi urlare. Mai.
Ti spiego subito perché. Prosegui con la lettura.
Se la tua attività non è una bancarella di un mercato di paese o un supermercato, il tuo è infatti un terzo tipo di mercato: quello merceologico. Un mercato non fisico, bensì rappresentato dal genere di prodotti o servizi che vendi.
Prendiamo l’esempio dell’ufficio in vendita a Milano: è facile si tratti di un’azienda costruttrice che opera a livello nazionale, che vende in vari punti fisici contemporaneamente e probabilmente possiede un sito internet e diversi canali social.
Serve urlare? No. Non ha senso.
L’urlo è inoltre sintomo di varie cose, nessuna delle quali positive: insicurezza, maleducazione, incapacità di comunicare (in qualsiasi contesto).
Ma, al di là di tutto, urlare non ha senso per un motivo molto semplice: non è efficace per vendere (a meno che tu non gestisca una bancarella al mercato paesano o possieda un supermercato).
Purtroppo invece il ragionamento inconscio è di solito il seguente:
Problema: devo scrivere un messaggio per invogliare i clienti ad acquistare il prodotto x.
Soluzione: scrivo una frase che suona bene e ci metto i punti esclamativi per farla arrivare forte e chiara al potenziale cliente.
E’ un classico. E’ il solito buon vecchio tramezzino prosciutto e formaggio.
Ecco, mi raccomando, evita questo. Non agire mai in automatico. Non scrivere immaginando, pensando o credendo che…
Scrivere correttamente è complicato, scrivere per vendere è 100 volte più complicato.
Ma puoi iniziare a farlo con ottimi risultati eliminando il punto esclamativo e sostituendolo con altro.
E’ arrivato il momento che tu scopra questo altro.
Sta per iniziare l’ultima fase del post, quella decisiva.
Scrivere per vendere: il metodo fondamentale per iniziare a macinare risultati.
Sarò schietto.
Il punto esclamativo viene usato quando non si ha consapevolezza di cosa si sta scrivendo.
E qui nasce il problema: se non si sa cosa scrivere, per forza di cose non si avrà nemmeno la padronanza del come scriverlo.
Cosa scrivere: ecco le due domande che te lo faranno capire.
Per avere piena conoscenza di ciò che stai scrivendo, devi chiederti due cose:
1 Cosa sto vendendo?
2 A chi sto vendendo?
Vediamole più da vicino:
1 Cosa sto vendendo.
Ecco il procedimento seguito dai comunicatori improvvisati: Inizio a scrivere, poi le idee vengono man mano.
Ora, facciamo un esempio pratico cambiando ambiente: il fotografo.
Secondo te, il fotografo, scatta e poi vede cosa viene fuori, o per prima cosa studia il soggetto, decide cosa ottenere dalla foto, mette a fuoco e, solo infine, preme il fatidico clic? Eh si, la seconda opzione.
Stessa cosa per te che scrivi: devi capire di cosa stai parlando, ovvero che cosa stai vendendo. E poi focalizzarti su tanti micro-aspetti: qual è il prodotto che vendi? A cosa serve? Quanto costa? E’ unico o ha tanta concorrenza? E’ un bene di prima necessità?
Solo alla fine, dopo aver risposto a questo tipo di domande, procederai a scrivere il testo.
Ricorda: l’atto fisico della scrittura non è che l’ultimo step di uno studio fatto prima, così come lo scatto di una foto in un servizio fotografico.
Ultima metafora, perché questa cosa deve esserti chiara al 100%: quando fai i conti con una calcolatrice, li fai con coscienza di quello che stai facendo, giusto?
Non è che vai a tentativi e spingi i pulsanti a istinto. Di conseguenza, quando clicchi il tasto uguale per ottenere il risultato finale, non è che lo clicchi con la speranza che esca un risultato che a te piaccia.
Lo clicchi, con la consapevolezza che uscirà il risultato che deve uscire, in virtù delle corrette operazioni e calcoli che hai fatto.
Il tasto uguale, il tasto della macchina fotografica e il tasto del tuo computer hanno in comune questo: si cliccano sapendo cosa si sta facendo.
Stessa cosa te: inizierai a scrivere solo dopo aver compreso cosa stai vendendo.
2 A chi sto vendendo.
Tendenza comune è cercare di vendere a tutti, a quante più persone possibile.
Sbagliato. Pensa all’acqua.
L’acqua è un bene di prima necessità.
Quindi si potrebbe pensare che viene venduta a tutti indistintamente, perché tanto tutti la bevono.
E invece no. C’è acqua e acqua. Potere della comunicazione e del marketing.
Rocchetta non vuole vendere a chiunque, ma solo alle donne particolarmente attente alla linea: quelle che fanno sport e conducono una vita basata sul benessere psicofisico.
Le ragazze che bevono Rocchetta se ne fregano dell’acqua Guizza.
Non la bevono neanche gratis.
E non solo perché pensano non faccia bene. Ma anche perché pensano faccia addirittura male.
Ecco, Rocchetta rivolge la sua comunicazione solo a loro: tutti gli altri sono squalificati. Out.
E fa bene. E’ questo il modo di agire se si vuole generare profitto.
Rocchetta massimizza le sue vendite rivolgendosi a un target preciso – rispetto a un target ampio meno dispendioso da raggiungere e più facile da individuare – comunicando cose precise in modo preciso.
Tu devi fare uguale: non sforzarti di piacere a tutti. Perché è semplicemente impossibile e non conveniente.
Ok, panoramiche fatte, ora ti spiego come individuare il Cosa sto vendendo e l’A chi sto vendendo in modo specifico e concreto.
1° domanda: Cosa sto vendendo.
> Comprendere cosa si sta vendendo vuol dire conoscerne la natura insita e, come secondo step, la sua specificità di prodotto in sé.
Esaminiamole entrambe.
Natura del prodotto
Ogni tipologia di prodotto ha una sua natura. Tu devi scoprirla.
Fatti e rispondi alle seguenti domande:
Quali problemi risolve questa tipologia di prodotto? Quali desideri realizza? Agisce più su una sfera psicologica o razionale? E’ una tipologia di prodotto che è necessario alla persona o se ne può tranquillamente fare a meno? Insomma, devi scavare: devi fare la lastra alla natura più nascosta relativa alla tipologia del tuo prodotto.
Prodotto specifico
E’ il prodotto specifico che tu stai vendendo. Devi diventarne un esperto (se ancora non lo sei). Devi conoscerne tutte le caratteristiche tecniche, il funzionamento, quali vantaggi concreti offre e dove si differenzia dai prodotti venduti dai competitor.
Fatti e rispondi alle seguenti domande:
– come descriveresti il tuo prodotto?
Rispondi in maniera semplice, sincera e breve. Non scrivere cose dettagliate o complicate. Pensa che tu stia descrivendo il tuo prodotto a un tuo caro amico.
– quale caratteristica rende unico e speciale il tuo prodotto?
Semplicemente devi individuare quel qualcosa che il cliente può trovare solo nel tuo prodotto e che non si trova in quelli dei tuoi competitor.
– qual è il vantaggio fornito al cliente?
Devi rendere chiaro cosa si potrà ottenere usando il tuo prodotto. Quale sarà il grande e definitivo risultato finale.
– quale problema risolve?
Con questa ultima domanda chiarisci qual è il problema che risolve al tuo potenziale cliente. Qual è il fastidio che minimizza o un aspetto problematico che annulla del tutto.
2° Domanda: A chi sto vendendo.
> Avere chiaro chi è il cliente tipo a cui venderai il prodotto
Cosa devi fare? Semplice: stila un identikit completo cercando di essere quanto più preciso possibile.
Variabili oggettive
Definisci con cura quali sono le sue caratteristiche socio-demografiche:
– sesso, età, area geografica, livello di istruzione, disponibilità economica.
Variabili soggettive
Individua le caratteristiche psico-grafiche:
– stile di vita, passioni, interessi, credenze.
Sono trasversali alle caratteristiche oggettive socio-demografiche e, proprio per questo, fanno la differenza nell’individuare il vero cliente potenziale.
Per quale motivo? Perché un determinato prodotto può essere desiderato e acquistato da persone che appartengono a categorie socio-demografiche diverse, ma che sono accomunate da una stessa variabile psico-grafica.
Ti faccio l’esempio dell’iPhone:
lo acquistano adulti e ragazzini, maschi e femmine, ricchi e poveri (variabili socio-demografiche).
Ma tra questi, soprattutto quelli accomunati da un desiderio specifico (sentirsi speciali nella società grazie al possesso di un iPhone).
Desiderio che attraversa e accomuna persone apparentemente inconciliabili se si dovesse tenere conto solo delle variabili oggettive relative al sesso, al reddito, alla provenienza geografica, al livello di istruzione.
Quindi: incrocia le variabili oggettive e soggettive. Così facendo riuscirai a individuare il target perfetto su cui costruire il tuo annuncio.
Bene. Siamo praticamente alla fine.
Ora tocca a te. Hai tutti gli strumenti basilari per iniziare a scrivere per vendere, proprio come un vero copywriter.
Non temere, se non sai chi sia un copywriter te lo spiego subito:
è un professionista della comunicazione che lavora con la scrittura.
Nello specifico, realizza testi per indurre chi legge a compiere una determinata azione.
Questa azione può essere di due tipi, in base alla temporalità con cui avviene:
– a breve termine: si induce chi legge a comprare un prodotto, a lasciare la propria mail, a visitare un negozio immediatamente.
– a lungo termine: si rafforzano o si creano credenze, conoscenze e fedeltà alla marca o azienda per mantenerle vive nel tempo.
Bene, prima di passare ai saluti desidero lasciarti con un esempio reale, di ottima fattura, che rispecchia alla grande quanto abbiamo detto fin qui.
E’ la chiusura del cerchio. E’ l’annuncio cui dovrai pensare quando ti metterai a scrivere il tuo.
Guarda che perla ha creato Idealista.
Case Study Idealista: esempio di grande copywriting.
Qualche giorno fa sono ricapitato nella zona in cui campeggiava il manifesto oggetto di questo post.
A poche centinaia di metri di distanza da questo, campeggiava un altro manifesto pubblicitario.
Niente di strano ovviamente, le strade ne sono piene.
Ma la cosa curiosa è che anche questa volta si trattava di ambito immobiliare.
E la cosa fantastica è che mi trovavo davanti ad un esempio di comunicazione da stampare e incorniciare (e riportare a te ovviamente).
Purtroppo non c’erano le condizioni per scattare una foto, e quando sono tornato per farla, il manifesto non c’era più.
No problem, avevo previsto il rischio di non trovarlo più. Per questo avevo anche memorizzato l’intera immagine quella prima e unica volta che lo avevo visto.
Eccolo qui sotto quindi: l’ho ricreato fedelmente grazie a un software di grafica online.
Osservalo attentamente.
5 parole in totale, compreso il nome dell’azienda.
Funziona l’annuncio? Assolutamente sì.
E’ un magnifico esempio di copywriting: cattura l’attenzione, si fa capire ed è anche convincente.
Come è stato possibile tutto ciò?
Semplice: chi ha scritto l’annuncio è un vero professionista della comunicazione e sa cosa vuol dire scrivere per vendere.
Si è anche posto le due domandine facili facili di cui abbiamo parlato nella seconda metà del post:
– cosa sto vendendo
– a chi sto vendendo
Analizziamolo.
Idealista intanto cos’è?
E’ un sito in cui si vende e compra casa. Le persone lo usano per vendere la propria casa, oppure per acqusitarne una.
Oltre alle vendite ci sono anche gli affitti. Ma comunque ci cercano case in cui abitare. Si va dall’appartamentino alla mega villa.
Per questo motivo occorre un termine che vada bene per tutte le opzioni: casa.
Termini di questo tipo si chiamano termini ombrello, perché coprono tutto un insieme di sotto-significati (in questo caso le differenti tipologie abitative).
Ok. Quindi su questo sito va chi cerca casa. E allora la parola chiave è casa.
Bene: togli Idealista, che è il nome dell’azienda. Quali altre parole rimangono?
Queste: Sei – Già – A – Casa. Quattro parole.
E su queste 4 parole, una è la parola chiave. Qual è la probabilità che il passante capisca di cosa si sta parlando?
Altissima. Anche perché è l’unico sostantivo. Le altre parole sono, in ordine: un verbo, una preposizione e un articolo. Porca miseria: l’unico sostantivo è proprio la parola chiave. Mica male.
Non finisce qui.
In un paragrafo, in un blocco di testo, ci sono sempre due parole che spiccano fra tutte: sono la prima e l’ultima.
E in questo annuncio quali sono queste parole?
La prima è il nome dell’azienda: Idealista.
L’ultima è la parola chiave: casa.
Meraviglioso.
Secondo te, chi scrive in questo modo, prende in considerazione l’uso del punto esclamativo? Assolutamente no. Per i motivi visti e dimostrati finora.
Ma cosa si sta vendendo, realmente, in questo annuncio?
La casa, o la facilità di trovare casa? La seconda opzione.
Idealista riesce nell’obbiettivo? Altroché sì. E come fa?
Semplice, scrivendo il vantaggio finale – la facilità e la velocità del trovare casa su Idealista – esagerandolo:
Sei GIA’ a casa.
La preposizione già è la chiave.
Non è stata data un’informazione, non è stata detta una cosa banale (tipo Un nuovo ufficio per il vostro business).
E’ stato invece offerto un viaggio emozionale e temporale a chi passava di lì.
Un viaggio di 2 secondi che sicuramente non lascia indifferente il potenziale cliente:
una persona incasinata, che lavora tutto il giorno, deve badare alla famiglia, ha mille impegni… e ora si ritrova anche con il compito di cercare una nuova casa.
Una persona che desidererebbe trovarsela GIA’ bella che pronta questa benedetta casa.
Inoltre, fattore sottile ma potente: le poche parole e il conseguente breve tempo di lettura trasmettono a chi legge l’idea di rapidità e facilità con cui Idealista risolve il tuo problema.
Quindi la forma del messaggio è coerente con il contenuto del messaggio.
La forma è sostanza, diceva il filosofo Aristotele.
Il mezzo è il messaggio, diceva il comunicatore McLuhan.
Ultima considerazione: quanto spazio vuoto c’è? Che spreco. Quanti soldi buttati. Un cartellone così grande per poi scrivere solo 5 parole.
Eh no. Lo spazio non è vuoto, è pieno. Pieni di un giallo uniforme ideale a far risaltare il nero del testo.
Brava Idealista.
Ma Idealista non ha bisogno ovviamente dei nostri applausi.
Siamo noi che abbiamo bisogno di annunci così, per capire che prima di vendere, e prima ancora di scrivere per vendere, dobbiamo avere chiaro cosa stiamo vendendo e a chi.
Bene, compiti per casa: vai a riguardare le ultime cose che hai scritto per pubblicizzare la tua attività (post su Facebook, testi sul tuo sito, pubblicità varie online, manifesti e cartelloni stradali, volantini e via dicendo).
Verifica come li hai scritti, pensando a quello che hai appena appreso in questo post.
C’è qualcosa che cambieresti? Buttati e fallo, ti stupirai di quanto miglioreranno i tuoi testi se seguirai le semplici procedure che ti ho suggerito in questo post.
Hai dubbi o vorresti dei chiarimenti?
Scrivi pure qui sotto nei commenti, sarò felice di risponderti in maniera utile e concreta.
Alla prossima!
Ale
Desideri un mio aiuto specifico per la tua comunicazione e la scrittura dei tuoi testi?
Dai un’occhiata qui.
Ciao, ho trovato molto interessante e formativo questo articolo. Il Case Study di Idealista lo trovo geniale. Volevo chiederti un consiglio.
Devo creare una campagna pubblicitaria per generare interesse nei confronti di una realtà che ancora deve aprire i battenti ( Ambito: Mercato Ristorazione )
Vorrei anticipare ottenendo curiosità da parte del lettore per incentivarlo ad andare a vedere con i propri occhi il posto quando inaugurerà.
Ho un mese di tempo prima dell’apertura per creare una campagna (senza ! )
Su cosa incentreresti un copy persuasivo ?
So di non averti dato troppi riferimenti. Grazie in anticipo
Ciao Antonio, grazie davvero per le tue parole.
Vengo alla tua domanda: io fossi in te creerei una serie di contest tramite Fb Ads, con eventuali omaggi e premi finali da distribuire proprio la sera dell’inaugurazione. Ogni contest lo andrei a strutturare attorno a un punto forte e distintivo del ristorante: in questo modo, se ne parlerebbe sui social prima dell’evento, generando curiosità, passaparola e hype. E poi, nella sera dell’inaugurazione, verrebbe svelato davanti all’attenzione di tutte le persone accorse. Ovviamente la targetizzazione su Fb la farei super circoscritta all’area del ristorante.